Sono innumerevoli le buone pratiche di riconversione ecologica che vengono dall’Europa e dal mondo, per la precisione, sono così tante che analizzarle tutte sarebbe praticamente impossibile.

Tuttavia partendo dai report al check della Commissione europea e passando per le “Piattaforme della Conoscenza” dei Paesi membri, si può desumere un ottimo radar situation e le conclusioni sull’ampia letteratura, sono davvero interessanti.

Sì, perché che ci sorprenda o no, i target maggiormente centrati non vengono dai mega progetti ma da piccole – e molto ambiziose –  esperienze che fanno delle opinioni, necessità e volontà della popolazione, l’asse portante.

Un esempio della power community:  Cone Communications ha rivelato che oltre il 60% degli americani non sostiene le imprese  poco sensibili alle innovazioni  sociali e circa il 75% degli intervistati rifiuterà di acquistare da un’azienda che supporta una istanza contraria alle proprie convinzioni. 

A ciò va aggiunto che la disamina semestrale a sigla UE che prende in esame diverse pratiche, immaginari e programmi, porta all’evidenza un file rouge molto interessante: il modello vincente di trasformazione eco-sociale, è locale e sempre meno globale, dalla ciclabile di Lisbona passando per la rete zero emissioni Milano/Roma per arrivare fino alla green way Berlino/Sochaux (ma potremmo andare lungamente avanti).

Suggella  il  tutto, il Data Project del Fondo Sociale Europeo che raccoglie una vera e propria miniera di best practices di successo legate alle energie intelligenti, ambiente urbano, clima, intelligenze artificiali, natura, biodiversità, uso intelligente e molto, molto altro.. il tutto in taglia slim fit.

Quale è quindi il segreto del “micro”?

Un perfetto equilibrio di elementi: decisioni democratiche, comunità aperte e sensibilizzate alle tematiche eco-culturali, diritto ambientale, tecnologie e approccio collaborativo con le amministrazioni.

Sembrerebbe essere esattamente questo il mix vincente per cui le transizioni ecologiche translocali ottengono importanti successi, dunque; riunire la politica dell’azione per il clima, la giustizia ambientale, l’ecologismo quotidiano della tecnoscienza sperimentale, ma, partendo sempre dalle comunità.  

Già, il think tank si chiama Comunità e la parola d’ordine “responsabilità reciproca”.

Infatti all’interno dei progetti di transizione assistiamo all’emergere di nuove circoscrizioni non “politiche” ma umane, alla creazione di ampie coalizioni eco-sociali e all’implementazione di forme innovative di governance sociocratiche.

Il futuro?

È sempre più lampante: passa dalla presa di consapevolezza del potere dei gruppi territoriali e del loro ruolo, il futuro parla “di” e ci introduce “a”, transizioni ecologiche che promuovono principalmente un nuovo spazio e una sempre più evoluta eco democrazia, come alternativa al “globalismo generalista verde” che domina la politica contemporanea.

“I grandi cambiamenti nascono da piccoli passi”? …. Sembra proprio di si! 

Contenuti prodotti con il contributo della Regione Lazio, nell’ambito del Programma generale di intervento della Regione Lazio (MISE 9) con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello Sviluppo economico DM 10.08.2020.

Foto di Arek Socha da Pixabay